Solo di recente tra gli addetti ai lavori osservo una maggiore presa di coscienza rispetto ai costi legati alle interferenze e al cattivo coordinamento.
In passato per lo più si riteneva che risolvere le interferenze in cantiere fosse il “mestiere del capocantiere”, considerando questa eventalità non un errore, ma un dato di fatto inevitabile. Un operatore di cantiere era considerato tanto più valido, quanto più in grado di sistemare le problematiche quotidiane con fantasia e buon senso.
Ricordo quando durante una conferenza sono stata duramente criticata da un Ingegnere impiantista per aver detto che “è ora di finirla con l’artigianato in cantiere”. Il collega sosteneva che è proprio l’artigianato a fare grande l’Italia.
Io resto del parere che l’artigianato che fa grande l’Italia vada lasciato agli artigiani: il cantiere tanto più funziona quanto più è industrializzato, privo di quelle necessità “artigiane” che derivano esclusivamente da un cattivo coordinamento già in fase progettuale.
Già nel 2006, in tempi precedenti alla crisi che ci ha posti di fronte a molti interrogativi sul nostro modo di “fare edilizia” alcuni studiosi nordici si interrogavano sul “costo” di una interferenza qualsiasi in cantiere.
Il calcolo è veramente banale, somma infatti il costo di una trave da sostituire, della gru per la movimentazione, dell’asola da realizzare sulla nuova trave, del costo dell’aggiornamento del progetto, totalizzando circa 4600 sterline; ma ciò che trovo interessante è che nel 2006, qualcuno si fosse già interessato al problema, spostando appunto la gestione delle interferenze dal concetto di “routine” al concetto di “problema”.
L’utilizzo del BIM in cantiere porta con sè molteplici vantaggi legati in generale alla possibilità di gestire meglio costi, tempi, condividendo la documentazione con tutte le figure coinvolte in modo efficace e diffuso.
Tuttavia il BIM in cantiere a mio avviso continua ad esprimere nella gestione delle interferenze il suo vantaggio principale. I controlli di interferenze possono essere effettuati con strumenti cloud, come BIM360 Glue o desktop come Navisworks
Vorrei brevemente citare un flusso di lavoro un po’ più sofisticato – ma meno conosciuto e a mio avviso interessantissimo – che presuppone l’utilizzo di Glue e Navisworks insieme, l’uno come “server” e l’altro come “client”. Questo flusso di lavoro coinvolge sia progettisti che project manager.
L’idea è quella di utilizzare due livelli di coordinamento, il primo livello attraverso Glue, operato dai progettisti; un secondo livello, più sofisticato, operato dal PM in fase di pre-costruzione.
La differenza sta nella creazione del modello in Navisworks: esso non è creato incorporando i vari file, che nel corso del progetto possono dovere essere sostituiti perchè aggiornati con nuove versioni, ma ereditando il modello federato da Glue, direttamente dal menu “BIM360” di Navisworks.
In questo modo ogni volta che si verifica una modifica, il progettista salva in Glue il modello modificato – direttamente da Revit o importando un qualsiasi formato di software proprietario o IFC – ed è sufficiente un “refresh” da parte del PM per ottenere tutto il modello aggiornato.
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