Con l’evoluzione del concetto di BIM quale strumento di gestione del lifecycle management si presenta sempre più spesso durante i colloqui con i clienti la questione della possibilità di leggere ed utilizzare i dati digitali negli anni a venire.
Il punto non è relativo alla proprietà del dato, che, sia chiaro, nel momento in cui si decida di dismettere ad esempio una licenza di BIM360 Docs, rimane di proprietà del cliente che ha diritto a scaricarlo anche utilizzando le molte applicazioni gratuite basate su Forge per un certo numero di giorni.
Sto parlando invece della possibilità concreta di leggere e manipolare un formato nativo a distanza di anni.
In primo luogo tuttavia bisogna ammettere che questa problematica non riguarderà soltanto gli edifici ma tutti gli aspetti della nostra vita digitale.
Questa domanda, contestualizzata su un problema pratico, ci riporta alla paura atavica di essere dimenticati: di fatto, la scrittura stessa è stata inventata a questo scopo e a partire dalla scrittura si parla di Storia. Il digitale ripropone il rischio di ritornare alla preistoria – ho raccontato in un precedente articolo di come il linguaggio iconico sia semplice per i nativi digitali perchè riporta ai linguaggi grafici precedenti alla scrittura vera e propria.
Analogamente, così come accadeva nella preistoria, il digitale ci riporta al “rischio dell’oblio”. Un saggio recente del sociologo Yuval Harari conferma appunto che una ipotetica civiltà che ritrovasse i nostri resti tra migliaia di anni non avrebbe la possibilità di sapere nulla della vita ad esempio di un adolescente di oggi perchè non lascia tracce “fisiche” demendando tutta la sua esistenza a blog, messaggi, email, sms…
Chi di noi pur gestendo un archivio di foto digitali, non ne stampa qualcuna, pensando che sì è bello vederle sull’Ipad, ma infondo non vogliamo negarci la possibilità che qualcuno trovi per caso un domani una foto ingiallita?
Chiaramente questi aspetti sociologici sono solo una parte del “problema”.
Con l’approssimarsi del next step del BIM, che riguarda chiaramente il Facility Management, ci ritroveremo a gestire patrimoni immobiliari e modelli digitali che dovranno necessariamente essere usati per decine, se non centinaia di anni.
Oggi, lo sappiamo bene, è opportuno iniziare e terminare un progetto basandosi su una sola versione dell’authoring tool che può talvolta essere definita contrattualmente.
A complicare il quadro c’è anche l’aspetto relativo alla subscription delle licenze, per cui se in passato potevo “congelare” lo status quo – dotandomi di un formato e di una licenza autorizzata a manipolarlo anche eventualmente dopo la dismissione della mia attività, oggi non è più possibile.
Che fare allora? Di certo non ho la soluzione definitiva in mano perchè si tratta di aspetti più che mai attuali dell’evoluzione tecnologica e sicuramente si verrà a generare in seguito alla domanda un’offerta adeguata ad affrontare il tema della “manutenzione del patrimonio digitale”.
Recentemente un cliente mi ha chiesto “la garanzia” che il file in formato nativo venga letto per almeno 20 anni.
Questa domanda è oggi una vera e propria “follia” in primo luogo perchè nessuno è in grado di fornire questo tipo di “garanzia”; in secondo luogo perchè per una garanzia di questo tipo 20 anni sarebbero troppo pochi! Vogliamo forse prenderci la briga ad esempio di digitalizzare un patrimonio storico millenario per non usarlo più tra vent’anni? Ne varrebbe davvero la pena?
Se vogliamo parlare di “garanzie” oggi possiamo sicuramente azzardare che l’unica “garanzia” è fornita dal formato neutro: oggi è l’unico che garantisce neutralità e consultabilità nel tempo e personalmente ritengo che sia proprio il secondo aspetto quello che rende gli IFC così importanti.
Come si legge nell’European BIM handbook al paragrafo al par. 3.2.2 :
“I formati aperti sono cruciali per l’archiviazione dei modelli. Modelli, disegni e documenti possono essere illeggibili in pochi anni se non sono archiviati in formati standardizzati aperti come i derivati da XML”
Che sia richiesto o meno dal committente è quindi sicuramente buona norma quindi estrarre dall’as built un file in formato IFC volto alla manutenzione e salvarlo in un archivio.
Un altro livello della questione riguarda i Common Data Environment. BIM360 Docs è in grado di leggere oltre ai formati neutri i formati nativi di decine di file e, se non possiamo garantire che la piattaforma rimarrà immutata nei decenni (e guai se lo restasse) è chiaro che questo aspetto rimarrà sempre un punto fondamentale.
Parlando di un livello ancora diverso di consultabilità ecco altre alternative:
Revit Viewer. Questa modalità non mi permette di salvare il modello, ma permette di vedere il file salvato, di stampare le tavole esistenti, di linkare il file ad altre discipline per coordinamento e clash detection. Il viewer si attiva automaticamente dopo aver installato una licenza trial che scadrà dopo 30 giorni. Quindi la soluzione per una maggior tutela starebbe nell’archiviare il formato nativo, il formato neutro e anche l’eseguibile che permetta l’installazione della versione corrente adatta ad aprirlo.
Posso inolte ai fini della consultazione free usare Navisworks nella versione Freedom che non necessita di licenza e permette di aggregare diversi formati di file. Di fatto, anche per chi non ha una licenza di Docs, esiste un free Large Model viewer che permette di accedere alla visualizzazione e lettura delle proprietà dei file senza avere una licenza.
Infine, parlando di neutralità è indispensabile ripartire dal concetto iniziale di evoluzione. La neutralità non potrà evitare di evolversi verso nuovo livelli, partendo da un concetto di formato neutro fino ad un concetto di “Dato Puro”.
É quello che anticipa la piattaforma Forge, che ha l’ambizione di generare una porta d’ingresso che grazie alle API aperte permetterà a qualunque sviluppatore di realizzare un plugin che estragga da qualsiasi file il dato che serve.
Quindi, garanzie non ce ne sono, ma di sicuro c’è la garanzia che questa esigenza diventerà fondamentale nella nostra vita quotidiana se non volgiamo essere destinati all’oblio, ruotando tutta la nostra vita intorno al nulla e di sicuro l’evoluzione tecnologica saprà fornirci risposte adeguate.