La scorsa settimana a Bologna si è tenuto il secondo evento della stagione primaverile di BIMagination, progettare nell’Era della Connettività.
Come nell’analogo evento di Torino di un paio di settimane fa abbiamo invitato alcuni “testimonial”, utenti che già utilizzano la metodologia BIM nel lavoro di tutti i giorni, a presentare ad altri professionisti ed aziende i risultati del loro lavoro.
Volevo qui nuovamente ringraziare per gli interventi presentati (in rigoroso ordine alfabetico) l’Arch. Matteo Spinelli di GPA Ingegneria Srl, l’Ing. Gianluca Vallerini di InCIDe Engineering Srl e l’Arch. Fabrizio Bonatti di Mario Cucinella Architects per la qualità dei loro contributi: siamo andati da progetti sulle colline toscane ad aeroporti in Medio Oriente, fino a parlare di progettazione computazionale (generative design). Il tutto ovviamente in chiave di processi BIM.
E vorrei riportare anche qui alcune riflessioni che ho fatto in chiusura dell’evento.
La prima riflessione è che l’adozione di processi BIM non è un processo semplice e non si improvvisa ma che una volta intrapresa la strada non la si abbandona più: i benefici che si ottengono sono talmente rilevanti che nessuno torna indietro.
E’ il primo passo, il più difficile, per saltare oltre il “crepaccio” (chasm), la discontinuità che si incontra nell’adozione di tutte le nuove tecnologie: la rottura col passato, con le abitudini consolidate da rimettere in discussione, l’uscire dalla propria “comfort zone”.
E tutti e tre gli ospiti ci hanno raccontato delle difficoltà, all’interno ed all’esterno della loro organizzazione, nel momento in cui hanno deciso di intraprendere questo cammino come “primi esploratori” nel territorio del BIM in Italia.
Ma ovviamente anche dei successi che sono derivati da questo sforzo iniziale.
Seconda riflessione: gli strumenti non sostituiscono il progettista. In quest’epoca di onnipotenza tecnologica abbiamo degli strumenti meravigliosi che ci eliminano compiti tediosi ed eliminano pericolosi e/o costosi errori ma che non si sostituiscono a chi progetta o realizza un’opera. Potrei raccontarvi innumerevoli esempi di casi in cui l’utente ha delegato allo strumento scelte progettuali, per pigrizia o impreparazione, con risultati che vanno dal comico al tragico.
Gli strumenti ci aiutano oggi a realizzare idee impossibili anche solo pochi anni fa ma siamo sempre noi che controlliamo il processo: quel che sta cambiando è che oggi magari lavoriamo più sui comportamenti che sulla forma degli oggetti. E diffidiamo sempre del “valore di default”.
La terza riflessione riguarda l’interoperabilità, fondamentale in qualsiasi processo BIM: usiamo tanti strumenti, produciamo tanti dati e modelli e dobbiamo essere in grado di far fluire le informazioni nella maniera più semplice ed efficace possibile.
Non parliamo qui solo di formati dati ma di interfacce tra figure professionali diverse e di standardizzazione a tutto tondo.
Ma di questo parleremo in dettagli in un prossimo post.
[Immagini: foto dell’evento, autore Stefano Toparini Creative Commons Attribution 3.0 Unported; Curva di Adozione della tecnologia come descritta da Geoffrey Moore nel libro “Crossing the Chasm”, autore Craig Chelius Creative Commons Attribution 3.0 Unported.