“Agli inizi del XXI secolo il treno del progresso è di nuovo pronto per riprendere la sua corsa – e questo, probabilmente, sarà l’ultimo treno che partirà ancora dalla stazione chiamata Homo Sapiens. Coloro che perdono questo treno non avranno una seconda possibilità“
Homo deus. Breve storia del futuro – Yuval Noah Harari (2017)
[blog Autodesk “dal BIM in poi” – autore: Ilaria Lagazio]
Queste parole sono tratte da una mia recente e appassionante lettura, che seppure ho personalmente “filtrato” da alcuni toni pessimistici e apocalittici mi ha concesso diversi spunti di riflessione, legati in particolare al BIM e in generale alla rivoluzione tecnologica in atto.
Nonostante le intenzioni dell’autore, mi ha dato modo di sentirmi oltremodo fortunata a vivere una delle rivoluzioni più avvincenti della storia dell’umanità.
Di sicuro ormai abbiamo molte conferme del fatto che a dispetto delle molte discussioni sui tavoli italiani che si ostinano in un discorso BIM-centrico, il BIM sia una tematica già obsoleta – non superata, ma talmente scontata che chi è davvero “esperto” sul tema sta già parlando d’altro.
Fa specie che quella che ironicamente chiamiamo “la ruota del BIM di Autodesk” rappresentata qui sotto e nelle sue numerose varianti sia ancora copiata e incollata in numerevoli articoli, tesi e trattazioni.
L’epoca dei visionari del BIM è finita da tempo: ne ho conosciuti alcuni e ne ho fatto parte all’inizio del millennio. Erano scenari ben diversi, dove si guadagnava anche e forse di più senza digitalizzazione, senza modellazione 3D, senza BIM. Si sceglieva il BIM perchè era MIGLIORE, non perchè non si aveva scelta.
Al contrario, chi comincia oggi questo percorso, ha già le spalle al muro.
Chi approda al BIM oggi lo fa con una certa frustrazione: ha resistito con tutte le sue forze a quella che ritiene un’imposizione (dovuta a crisi competitiva, riduzione di margini, normativa, richieste del suo cliente…) e non un vantaggio. E vorrebbe recuperare in fretta.
Purtroppo la trasformazione digitale e la fretta non vanno d’accordo: così come il software è il tassello più irrilevante nella trasformazione dal CAD al BIM (sono ben più importanti gli investimenti in risorse e in adeguamento dei processi) allo stesso modo il BIM è solo un minuscolo tassello di uno scenario di ”discontinuità” tecnologica globale che richiede riflessioni molto più ampie e complesse.
Per questo preferisco non parlare di strumenti e neppure di BIM, ma di trasformazione digitale e tecnologica.
L’onda della digitalizzazione (e dell’automazione) è inarrestabile, frutto di cambiamenti globali già innescati da tempo e in nessun modo evitabili – e iniziare la discussione dal BIM o da un software specifico è oltremodo limitativo.
Questa inarrestabilità tuttavia non è affatto una cattiva notizia: perchè non si tratta di un fiume in piena che ci sta per travolgere, ma di una via di uscita percorribile per la nostra sopravvivenza come categorie (parlando di ingegneria, architettura e costruzione) e come società intera.
Cosa c’entra tutto questo con la scelta di un software?
C’entra eccome, perchè alla base di scelte ben precise legate all’evoluzione tecnologica i software necessariamente evolvono per assecondare i processi nascenti.
Evoluzione del modello collaborativo: desktop / server / cloud
Mi permetto di aggiungere che è importante nella scelta di uno strumento fare attenzione a non privilegiare quegli strumenti che forniscono un bottone che “risolve il problema di oggi” senza guardare al domani, o di chi garantisce una soluzione “veloce”, bensì di ragionare a lungo termine, valutando quali suggerimenti il vostro fornitore, rivenditore o consulente di fiducia è in grado di indicarvi per le vostre sfide di produttività o di sopravvivenza come azienda nel lungo periodo.
In Autodesk le tecnologie abilitanti che possono potenziare l’efficacia di un investimento sono tenute in alta considerazione nella definizione di roadmap di sviluppo.
Tendenze tecnologiche e sviluppo del software (Intelligenza Artificiale, Extended Reality; Data Veracity; Frictionless Business; Internet of Things)
Di fatto stiamo investendo nella trasformazione digitale per focalizzarci sempre più sulle reali esigenze del cliente per una competività a lungo termine.
E così come insisto nell’orientare i clienti verso la scelta di strumenti non sulla base di specifiche funzionalità contingenti, ma su una visione a lungo termine dell’affidabilità globale della soluzione, allo stesso modo sottolineo che la discussione non va fatta sull’esigenza di oggi, ma su come un cliente vuole posizionare la sua azienda tra cinque o dieci anni.
Per questo motivo la decisione non deve essere maturata unicamente all’interno dell’Ufficio Tecnico o IT, ma trattandosi di una “business decision” – e non banalmente dell’acquisto di una licenza – va discussa a livello strategico e manageriale.
Così come il BIM è un argomento che dovrebbe essere ormai digerito – e se qualcuno del settore ha ancora dubbi dovrebbe seriamente preoccuparsi della sua sopravvivenza professionale – ci sono altri imperativi tecnologici che già oggi dovrebbero essere consolidati come tecnologie abilitanti irrinunciabili, come ad esempio il cloud, la convergenza tra le diverse discipline e la spinta all’automazione.
Moltissimi prodotti di cui ho ampiamente trattato in passato (come ad esempio Insight 360, BIM360 ecc) e sperimentazioni tecnologiche recenti (come Refinery, che consiglio di approfondire attraverso questa eccellente Webinar tenuta dal collega Dieter Vermeulen, un vero guru dell’automazione) immergono le loro radici direttamente nella potenza infinita del cloud e nella ricerca dell’ottimizzazione.
Ottimizzazione energetica – Insight 360
Questo a mio avviso è il punto in cui noi addetti ai lavori dobbiamo fare chiarezza, perchè è poco ma sicuro che stiamo sbagliando qualcosa.
Ho parlato in passato di alcune esperienze nelle scuole, con bambini e ragazzi dai 5 ai 15 anni, dove ho cercato di trasmettere una chiave di lettura sul futuro con cui si confronteranno.
Ebbene, è sorprendente quanto la paura dei bambini ricalchi quella dei professionisti.
I clienti anche più aperti e preparati si interrogano su come faremo a gestire il surplus di manodopera non qualificata e nella peggiore delle ipotesi sono spaventati che l’automazione “faccia i progetti al posto nostro”. I bambini d’altro canto, hanno paure da bambini ma molto simili, relative ai “robot con sembianze umane”.
Ufficio Autodesk – Tokyo
É come se tutti, dai più grandi ai più piccoli, pur nutrendoci di tecnologia quotidiana ne fossimo tremendamente spaventati!
Come è possibile tutto questo? Come abbiamo potuto permetterlo? É tutta colpa della fantascienza o c’è dell’altro?
Questa paura generalizzata apre una tematica oggi già ricorrente e comunemente definita “collaborazione uomo-macchina”.
Un argomento avvincente che come produttori di tecnologia non ci lascia indifferenti e come introduce il nome stesso, deve essere volto a definire i campi di applicazione dell’automazione a supporto dell’attività umana, senza togliere spazio alle peculiarità che rendono l’Uomo unico e irripetibile.
Per quanto riguarda lo spauracchio generale nei confronti degli algoritmi che potrebbero col tempo sostituirci appieno, includendo aspetti legati ai sentimenti – tesi peralto prospettata da un quantitativo di sociologi e futurologi – a mio modesto parere è una tesi inconsistente.
Siamo tutti d’accordo che una evoluzione così raffinata degli algoritmi non è qualcosa che possa capitare domani, nè in qualche decennio, e neppure in un secolo: per quanto possiamo investire nella conoscenza dell’”algoritmo-uomo” sembra che non siamo neppure ancora arrivati a definire una relazione tra gli algoritmi biologici e quello che intendiamo come “mente”.
Questo per dire che sarebbe paradossale oggi impedirci di affrontare un problema in maniera intelligente – dove l’apporto di automazione di processi ripetibili da parte della macchina possa dare ampissimo valore all’apporto umanistico ed etico, valorizzando e non penalizzando l’uomo – per paura di come potrebbe evolversi il mondo tra 200 anni!
Di fatto la Storia ci ha insegnato che qualunque previsione a lungo termine relativo allo sviluppo della società e delle relazioni umane a lungo temine si è rivelata infondata. Se solo pensiamo alla fantascienza degli anni ’60 le immagini più ricorrenti erano non “futuro”, ma “proiezione del presente nel futuro” fatti di aspirapolveri in aiuto alle donne e auto spaziali che conducevano gli uomini al lavoro – uno scenario completamente diverso dalla nostra realtà.
Misembra quindi ovvio che ragionando su un’idea di lungo termine ragionevole dobbiamo metterci in testa che non c’è altro modo sostenibile di operare se non ricorrendo all’automazione – a meno che non decidiamo che le 400.000 persone che ogni giorno si liberano della loro condizione di povertà diventando formalmente “classe media” debbano rinunciare a farlo.
[fonte United Nation Reports, 2017] https://esa.un.org/unpd/wpp/Publications/Files/WPP2017_KeyFindings.pdf
La spinta produttiva e l’opportunità derivanti da questa popolazione in crescita economica è enorme. Questo incremento demografico significa urbanizzazione: una sfida enorme se confrontata con le nostre capacità attuali di costruire case e infrastrutture, che non saremo in grado di affrontare con i mezzi che oggi abbiamo a disposizione.
Immagine: Hong Kong
Oggi tuttavia facciamo ancora fatica a capire quali siano le conseguenze di queste opportunità e quanto sia necessario che ci dotiamo di automazione per portare a termine questa sfida.
Ma cosa significa in concreto “automazione”?
L’automazione a mio parere è un processo virtuoso che parte dalla digitalizzazione ed è in grado di generare la soluzione migliore possibile nel modo più sostenibile.
É naturale pensare che se da una parte ho sotto mano tutti dati che compongono il mio modello digitale, il contesto e le condizioni al contorno e dall’altra la possibilità di attingere a potenza di calcolo illimitata, ho la possibilità di creare algoritmi che mi permettano di ragionare sul modello spostando il focus dal modello geometrico al modello comportamentale, ottenendo così la conformazione migliore col minore sforzo produttivo.
In pratica, ottengo più valore con risorse minori: esattamente ciò di cui il pianeta ha bisogno.
Construction Miron, Iowa
E’ scontato che tutto questo non può innescarsi senza il modello digitale, senza il BIM, senza il Common Data Environment (ACDat) senza il DATO.
L’ottimizzazione non si limita al modello, ma si estende al metodo di produzione e cantierizazione, generando la filiera più intelligente e evolvendo verso il metodo produttivo (robot, stampa 3D, droni…) e gestionale (processi di condivisione in cloud, cantiere paperless, realtà virtuale, sensoristica…) più appropriato.
Sembra tremendamente complesso, ma ci sono tantissimi esempi di soluzioni che si possono citare già pronte all’uso: l’Autodesk AEC Collection ne è un esempio.
É possibile ad esempio creare un modello con Revit, parametrizzarlo con Dynamo e ottimizzarne il comportamento con la beta di Refinery. Oppure partendo da FormIT / Revit si può ottimizzare la performance energetica con Insight 360. [Alcune descrizioni sono riportate nei link infondo all’articolo].
Wvan Wijnen – come una azienda familiare danese ha saputo sfruttare l’automazione per fare “edifici più competitivi e di qualità superiore in maniera sostenibile”
Dopo aver ottimizzato il modello, si può ottimizzare il flusso produttivo dei componenti costruttivi, basti pensare al flusso di lavoro Revit – AD Steel o Revit – MEP Fabrication per la generazione di file a controllo numerico di carpenterie in acciaio o componenti HVAC che provengono direttamente dal modello BIM.
Construction Cannistraro, Boston
Infine, potremo riutilizzare il cloud, questa volta non per ottimizzare, bensì per condividere le informazioni.
La piattaforma Autodesk BIM360 permette di condividere in cloud tutte le informazioni progettuali e applicare ad esse i processi personalizzati in funzione agli obiettivi da raggiungere.
La sfida vera semmai, non è cosa possiamo fare – l’unico limite all’automazione è la nostra fantasia – ma la nostra volontà.
Non c’è dubbio che il mercato del lavoro sia destinato a cambiare in modo massivo e rivoluzionario. Non c’è dubbio del resto che questa trasformazione sia inevitabile.
Tuttavia l’automazione apre due strade davanti a noi. La prima è la possibilità di uno sfruttamento massimo delle risorse, con qualità costante o addirittura ridotta. La seconda è differenziazione per eccellenza, quella che tutti dovremmo perseguire.
Come per il BIM, anche l’automazione, se sarà implementata in maniera incompleta e inconsapevole, non porterà vantaggi a lungo termine bensì solo complicazioni generando un ripiegamento dell’economia e un aumento delle disuguaglianze sociali.
Construction Domino Broklyn
L’automazione deve essere intesa come possibilità di fare meglio – che è la definizione stessa di sostenibilità. Non è vero che non abbiamo scelta: al contrario, siamo chiamati a scegliere, e il momento di farlo è proprio adesso.
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